Memorie di giochi di strada
Giochi tradizionali, giochi da cortile, giochi di strada. Un patrimonio di attività, generalmente praticate in gruppi di ragazzi anche di età diverse, un concentrato di memoria e di cultura popolare che si rivela spesso una preziosa possibilità di scambio tra generazioni.
Una venticinquina di anni fa, insieme ad alunni dell’allora Scuola Media Primo Levi, di Frattocchie, cominciammo a costruire un archivio di giochi di strada estratti dalle memorie dei ragazzi, dei loro genitori e da quelle dei nonni. Ne risultò un quadro, una mappa in cui viaggiare in tempi e luoghi diversi. Molti dei giochi recuperati parlavano di infanzia di altri tempi o di paesi d’origine lontani, ma mai dimenticati.
Da anni continuo a chiedermi (e a chiedere) da dove viene il gioco Dona la Mazuela. Da paesi ispanofoni? Più semplicemente, da uno dei paesi dell’Abruzzo che costituiscono i luoghi d’origine più frequenti degli attuali abitanti della nostra zona? E quante memorie evocano in quelli della mia generazione, cresciuti nei castelli romani, nomi di giochi come Buzzico (con la variante Buzzico rampichino) o Ariecchime! o Lippa? Più comuni e praticati ancora oggi, quando le condizioni lo consentono, sono Rubabandiera, Guardie e ladri, Palla avvelenata…ma la vera star internazionale, il gioco che alunni provenienti dai paesi più lontani, Europa centro orientale, nord Africa, America Latina, hanno ritrovato nelle interviste ai propri ascendenti è La campana. Dalla Marelle francese, alla Sharita marocchina il gioco ha, probabilmente, con poche varianti e nomi diversi, una diffusione planetaria. Lo schema del gioco si può ritrovare sul lastricato del Foro Romano. Pare che nell’antica Roma si chiamasse Clàudus, gioco dello zoppo.
Quando, negli anni ottanta e novanta, fedeli al motto radicale NESSUNO PUÒ INSEGNARE A NESSUNO, insieme ad altri insegnanti, in specie di educazione fisica, cercavamo di sostituire l’azione INSEGNARE con l’azione COSTRUIRE CONTESTI COERENTI DI APPRENDIMENTO, in cui apprendere attraverso l’esperienza, ci sembrò che il gioco, in genere, potesse costituire il primo ed il più efficace contesto di apprendimento, capace di definire i confini e la motivazione dell’azione.
A questo punto, un’analisi di quali fossero le abilità fondamentali che il bambino e il ragazzo avessero bisogno di esercitare nel loro percorso di crescita ci portò a ritenere i giochi di strada, nel loro complesso, la più formidabile palestra (insieme di contesti di apprendimento) per l’evoluzione armonica delle funzioni motorie della persona.
La coordinazione tra occhio e mano, per lanciare in modo mirato; quella tra le mani, per afferrare oggetti al volo; l’equilibrio, che è molto di più che camminare su una trave; la coordinazione dinamica generale e così tutti gli altri capisaldi della nostra rubrica delle abilità, costituivano gli ingredienti di quelle attività che riempivano le nostre giornate estive e tutto il tempo libero dagli impegni scolastici o familiari.
Da qualche decennio i cambiamenti sociali hanno lasciato sempre meno spazio, anche inteso in senso fisico, al gioco spontaneo, autoorganizzato tra bambini e preadolescenti, mentre si è largamente diffusa la pratica degli sport nelle società sportive, sia nelle palestre che nei campi all’aperto. I giochi tradizionali, poveri per definizione e per necessità, hanno via via ceduto terreno ai “parenti ricchi”.
La parentela tra la pratica sportiva strutturata ed i giochi di strada è evidente per molti aspetti, ne elenco due. Il primo è la comune matrice ludica per cui nessun allenatore può essere realmente efficace se trascura di inserire ed enfatizzare una componente giocosa anche nei momenti più impegnativi; il secondo è la necessità che ciascun contendente si “batta bene”, si impegni al massimo delle proprie possibilità nella competizione, perché essa abbia senso e questo vale tanto per una partita di pallavolo quanto per una sfida a rubabandiera.
Esistono, però, aspetti che rimangono peculiari dei giochi di strada e ne costituiscono l’essenza:
- l’organizzazione del gioco (i suoi limiti nello spazio e nel tempo, il sistema di regole a cui riferirsi) è a cura dei ragazzi, del gruppo o delle figure più carismatiche, mai di adulti supervisori;
- la risoluzione delle inevitabili controversie sorte durante il gioco avviene per lite, rissa, discussione, persuasione o altra strada, ma sempre nell’ambito dei pari.
Si tratta, quindi, di una scena nella quale l’occhio dell’adulto che controlla è assente e questo, purtroppo, è il limite col quale ci confrontiamo ogni volta che proponiamo a dei ragazzi un’esperienza di gioco tradizionale, nella quale è necessario imparare a sopportare la frustrazione e la preoccupazione per collocarsi il più possibile sullo sfondo ed avvicinarsi, senza realizzarla, alla scena che ho appena descritto.
Un’altra caratteristica molto importante, dal mio punto di vista, è la già ricordata poliedricità dei contenuti. La pratica dei giochi nel cortile conferiva una sorta di plurilinguismo motorio laddove, spesso, la pratica sportiva permette di apprendere, in modo eccellente, ma specialistico, una o poche espressioni motorie.
Ma soprattutto, se ricordo bene, una cosa che mi piaceva tanto del giocare per strada era che perdere è impossibile.
Prof. Massimo Bonuomo